Sebbene l’intenzione del governo sia quella di sbloccare le assunzioni e aumentare le borse di studio per le specializzazioni, la vera emergenza è superare la carenza di 16-17mila medici stimata da qui fino al 2025. Il primo ostacolo da superare è il vincolo di spesa. E in Puglia alle prese con il piano di rientro sanitario tutto diventa più complicato. Infatti il 5 per cento degli aumenti del budget previsto dal fondo sanitario nazionale seppur applicabile finirebbe col premiare le regioni che hanno più soldi, quindi ne trarrebbero vantaggio le regioni del nord. In concreto dal 2009 al 2018, per effetto dei blocchi, si son persi 50mila infermieri e 10mila dirigenti medici. Un gap che difficilmente potrà essere colmato nel sistema sanitario italiano. Sulla base delle proiezioni saranno 52mila i medici specialisti che andranno in pensione entro i prossimi sei anni. Esattamente la metà rispetto ai 105mila medici in organico oggi. Il deficit in Italia sarà di 16.700 specialisti tra ospedali e servizi territoriali e il rischio potrebbe essere quello di richiamare in servizio addirittura i pensionati. In Puglia entro il 2025 mancheranno all’appello 1700 camici bianchi. I tremila pensionamenti dovrebbero essere rimpiazzati da 2400 neo-specialisti, ma il saldo negativo si ripercuoterà con la mancanza di cardiologi, ginecologi, ortopedisti, anestesisti e chirughi d’urgenza. Vuoti che non potranno essere colmati e sui quali quota 100 non oncide più di tanto. Su 18mila medici in possesso dei requisiti, nel prossimo triennio è prevista l’uscita del 25 percento, vale a dire 4500 persone.