“La sede di Casapound chiusa per metodo fascista”: a Bari confermato il sequestro
“La strategia violenta di repressione di gruppi portatori di una diversa ideologia politica richiama indubbiamente il metodo fascista”: il riferimento è all’aggressione ai manifestanti antifascisti al termine della manifestazione anti Salvini il 21 settembre scorso, e questa è la motivazione per la quale il Tribunale del Riesame di Bari ha disposto che al la sede barese di Casapound restino i sigilli. L’episodio 11 dicembre scorso.
La decisione è stata presa dal collegio il 25 gennaio scorso ma la motivazione è stata depositata nelle scorse ore.
Resta in piedi, in questo modo, il piano d’accusa del procuratore aggiunto Roberto Rossi, che, sulla scorta delle indagini della Digos, comprende le immagini delle telecamere di via Eritrea e delle zone limitrofe, le dichiarazioni delle vittime dell’aggressione e di alcuni testimoni e il ritrovamento di alcuni oggetti usati per la spedizione punitiva nella sede e di libri e materiale inneggianti al fascismo e al nazismo nelle abitazioni di alcuni indagati: “Non si esclude – dicono i giudici – che la stessa sede, in differenti occasioni, sia stata e possa continuare ad essere sede di manifestazioni del disciolto partito fascista”.
Nell’inchiesta sono coinvolte 35 persone: a tutte viene contestata l’apologia del fascismo e a dieci anche l’accusa di lesioni. E se la difesa ha evidenziato come i militanti non avessero “posto in essere condotte punitive preordinate”, i giudici del Riesame hanno invece ritenuto che “la violenza delle condotte dei militanti, le lesioni provocate, il ricorso al metodo squadrista desumibile anche dai rilievi fotografici, la programmazione dell’azione il giorno in cui si sarebbe svolta la manifestazione da parte di un movimento sostenitore di un ideologia antagonista” dimostrano che “c’è un pericolo concerto e attuale di riproposizione di quel partito fascista”.