BARI, “MAZZETTE”: L’EX GIP DE BENEDICTIS CONFESSA E CHIEDE SCUSA

“Ha confessato, chiedendo scusa per il suo operato” l’ex gip di Bari Giuseppe De Benedictis rispondendo alle domande del gip e dei pm del Tribunale di Lecce durante l’interrogatorio di garanzia che si è tenuto questa mattina nel carcere Borgo San Nicola nel capoluogo salentino.
L’interrogatorio si è svolto alla presenza del gip Giulia Pronto, che ha emesso la misura restrittiva che sabato scorso ha portato in carcere con l’accusa di concorso in corruzione in atti giudiziari De Benedictis e l’avvocato barese Giancarlo Chiariello.

A dirlo sono stati all’uscita dal carcere di Lecce i difensori Gianfranco Schirone e Saverio Ingrassia.
L’interrogatorio è cominciato alle 10.30 e si è concluso poco dopo l’una. Secondo quanto riferito dai legali, De Benedictis ha addebitato il suo operato ad un episodio privato. “Ho agito – avrebbe detto – in seguito ad un corto circuito mentale dovuto alla morte di mia moglie in seguito alla quale ho deragliato”. L’ex gip di Bari è apparso, secondo i suoi legali, “molto provato, un uomo distrutto e sofferente”. I due difensori hanno anche rivolto un appello ai giornalisti che attendevano fuori del carcere: “non giudicate – hanno detto – ricordatevi il magistrato che è stato”. Al termine dell’interrogatorio i due legali hanno chiesto la concessione degli arresti domiciliari.

Come è noto, Giuseppe De Benedictis era stato arrestato nei giorni scorsi con l’avvocato penalista barese Giancarlo Chiariello, su disposizione del gip di Lecce che aveva accolto le richieste cautelari della Dda. Entrambi sono accusati di aver stretto un accordo corruttivo in base al quale il giudice avrebbe emesso provvedimenti di scarcerazione in favore degli assistiti dell’avvocato Chiariello. De Benedictis ha chiesto di lasciare la magistratura.  Durante una prima perquisizione in casa del giudice – lo scorso 9 aprile – furono trovate diverse somme di denaro nascoste per complessivi 60mila euro. Nel corso dell’operazione sono state arrestate anche altre persone, tra cui  Danilo Pietro Della Malva, considerato il principale corruttore ed esponente di rilievo  della criminalità organizzata barese e foggiana, che avrebbero beneficiato di provvedimenti favorevoli da parte del giudice che si ritiene sia stato corrotto.

Sarebbe stato svelato da alcuni collaboratori di giustizia il sistema corruttivo messo in piedi dall’avvocato barese Giancarlo Chiariello e dal giudice Giuseppe De Benedictis. Il magistrato, stando a quanto ha ricostruito la Procura di Lecce, emetteva provvedimenti di scarcerazione favorevoli agli assistiti dell’avvocato Chiariello. Diversi pentiti hanno spiegato che i soggetti che ne hanno beneficiato, in gran parte appartenenti a famiglie mafiose o legate alla criminalità organizzata barese, foggiana e garganica, potendo contare sull’accordo corruttivo tra il giudice e l’avvocato, in cambio della corresponsione di somme di denaro, riuscivano ad ottenere provvedimenti di concessione di arresti domiciliari o remissione in libertà, pur essendo sottoposti a misura cautelare in carcere per reati anche associativi di estrema gravità, che gli consentivano di rientrare nel circuito criminale. Scambi di denaro anche davanti Tribunale di Bari Dalle numerose conversazioni –  nel corso delle indagini della Dda di Lecce – sarebbero state ascoltate numerose conversazioni, nelle quale il magistrato e il legale si mettevano d’accordo sulle cifre da chiedere a personaggi legati alla criminalità organizzata, per alleggerire le misure cautelari imposte. Gli scambi di denaro – sempre secondo quanto sarebbe emerso durante l’attività investigativa –  avvenivano nell’abitazione o nello studio dell’avvocato barese Giancarlo Chiariello, oppure all’ingresso di un bar davanti al palazzo di giustizia di Bari. Circa 1 milione e 200 mila euro in contanti sono stati sequestrati nel corso delle perquisizioni eseguite, contestualmente all’esecuzione dei provvedimenti di custodia cautelare in carcere nei confronti del giudice Giuseppe De Benedictis e dell’avvocato Giancarlo Chiariello, nell’abitazione del figlio di quest’ultimo, Alberto anche lui indagato. Il denaro era in tre zaini nascosti all’interno di un divano e di un armadio. Sono in corso accertamenti per verificarne la provenienza.

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