Grande partecipazione all’iniziativa organizzata dalla Regione Puglia su “Decreto sicurezza e sindaci: cosa cambia nel welfare e nei diritti delle persone”, in Fiera del Levante a Bari.
Trecento partecipanti tra sindaci, amministratori locali, associazioni, rappresentanti terzo settore, avvocati hanno accolto l’invito del presidente Michele Emiliano ad approfondire gli effetti reali del Decreto Sicurezza (n. 132/18), che ha modificato il quadro legislativo, incidendo su materie di competenza della Regione come politiche abitative, servizi sociali, assistenza sanitaria, istruzione e formazione e inserimento al lavoro, e che ha un impatto diretto su città e territori.
Con Emiliano, sono intervenuti Agostino De Paolis, dirigente Sezione Sicurezza del cittadino, Politiche per le migrazioni, Antimafia sociale della Regione; Dario Belluccio per Asgi, Francesco Crudele per Anci Puglia, Riccardo Rossi per Upi Puglia e Anna Caputo per Arci regionale.
Le possibili azioni della Regione Puglia rendono necessario un intervento di indirizzo politico normativo e amministrativo nella materia, finalizzato a evitare le possibili ripercussioni negative sulle politiche dell’immigrazione a livello regionale, da sempre orientate in direzione dell’accoglienza e, soprattutto, dell’integrazione, e a coordinare tutte le realtà che si occupano di questo tema.
Si è andati nella direzione dell’ascolto partecipato di tutti i soggetti istituzionali e non, protagonisti a vario titolo di queste politiche. Questo per far emergere le criticità, i rischi e le insidie, che potrebbero vanificarsi.
Secondo il presidente Emiliano quella in Fiera “è stata una riunione molto importante, con i sindaci e amministratori della Puglia interessati dal decreto sicurezza, che in realtà è un decreto che ha fortemente indebolito la nostra capacità di utilizzare i flussi migratori in vantaggio dell’Italia e in particolare della Puglia.
Tutti i Paesi che accolgono, si arricchiscono. Tutti i Paesi che fanno partire i loro migliori giovani, si impoveriscono.
Abbiamo un’occasione per consentire alla nostra economia di continuare ad utilizzare lavoratori che vengono da altri Paesi, ma lo dobbiamo fare in modo ordinato. Chiamiamo la migrazione “flusso”: flusso è un termine che si adopera anche per l’acqua. L’acqua è una cosa positiva, ma se l’acqua arriva in modo non controllato e in maniera furiosa, come purtroppo è avvenuto ai flussi migratori, da essere un bene diventa un male, diventa un’inondazione.
Dobbiamo assolutamente costruire un sistema che fornisca il contributo che i flussi migratori possono darci, anche in termini culturali, economici e di relazioni con i Paesi di origine di queste persone, senza farlo diventare un elemento di emergenza per la sicurezza.
È possibile farlo, cercheremo con l’aiuto dei sindaci, di reggere a questo decreto che consideriamo incostituzionale che speriamo possa essere rimesso di fronte alla Corte.
La Puglia è una terra di accoglienza, non lo dimentichiamo certo per il decreto sicurezza: in Puglia nessuno è straniero, neanche Salvini”.
Agostino De Paolis “Dati sicuri su quanti soggetti saranno coinvolti ancora non ne abbiamo. Dipenderà dai criteri di applicazione, dagli interventi della corte di Cassazione, della quale sappiamo che ce n’è stato uno in questi giorni abbastanza significativo.
Sappiamo che abbiamo 112 progetti negli Sprar in Puglia, di fronte a 887 a livello nazionale: quindi sono un ottavo dei progetti nazionali, con una presenza di circa 3.500 persone, circa un decimo del dato nazionale.
Si rischia con l’uscita dei richiedenti asilo dai programmi di aiuto di dimezzare, se non di più, i soggetti assistiti.
Il dato pugliese è uno dei primi dati nazionali insieme alla Calabria e alla Sicilia, che sono le tre regioni che rischiano di risentire di più degli effetti del decreto sicurezza.
L’iniziativa è stata richiesta dagli enti che operano nel settore, dagli enti del terzo settore, per un intervento chiarificatore della Regione sull’applicazione del decreto sicurezza, per avere direttive concrete.
È una materia su cui intervengono istituzioni europee, nazionali e locali: quelle locali risentono di più dell’applicazione di certe scelte, con il rischio di buttare il bambino con l’acqua sporca, azzerando le buone pratiche che esistono sui territori”.