L’imponente giro d’affari sviluppato attraverso il gioco d’azzardo online era alla base del sodalizio criminale tra i due principali clan baresi Parisi e Capriati. Un patto di ferro che avrebbe portato nelle loro casse qualcosa come 20 milioni di euro. Da aggiungere il fitto legame con esponenti di spicco della ndrangheta calabrese e della mafia siciliana. E’ quanto emerso nell’inchiesta partita dalla Dda e dalla guardia di finanza che ha portato questa mattina all’arresto di 68 persone. Tra gli arrestati (16 sono pugliesi) spicca il nome di Tommy Parisi, figlio del boss Savinuccio e di Vito Martiradonna, uno dei capoclan di Bari insieme ai suoi figli. La rete di gioco da banco e online sarebbe stata realizzata utilizzando società con sede in diversi paradisi fiscali. Una di queste riconducibile alla famiglia Martiradonna che operava attraverso piattaforme informatiche per la raccolta illegale di scommesse in Italia. Ai vertici dell’organizzazione Vito Martiradonna, conosciuto come Vitin l’Enèl, considerato il cassiere dei Capriati e poi figli, fratelli e cugini che svolgevano ruoli diversi: dal contabile agli agenti ai mediatori. In parallelo alla florida attività di Martiradonna quella gestita direttamente da Savino Parisi attraverso centri scommesse e agenzie intestate a una serie di prestanome, a cominciare dal figlio cantante Tommy.Secondo l’ipotesi degli investigatori del Gico, gli uomini dei clan avrebbero investito i proventi delle attività illecite in una serie di attività apparentemente legali, tra cui anche bar e ristoranti nel centro di Bari, come l’Al 111 di corso Vittorio Emanuele e il Coco’s di via Amendola, che sarebbero fittiziamente intestati a prestanome dei Martiradonna. Le accuse contestate vanno dall’associazione a delinquere dedita alla raccolta e gestione di scommesse sul territorio nazionale e internazionale, riciclaggio, autoriciclaggio, truffa e una serie di reati fiscali.