Il presidente della Banca Popolare di
Bari Marco Jacobini si è dimesso e ora l’istituto può puntare a ristabilire il capitale sopra i livelli minimi e a possibili aggregazioni, dopo le perdite di oltre 420 milioni del bilancio 2018. La decisione, che era nell’aria, ha visto così il consiglio nominare al suo posto il docente universitario nell’Ateneo di Bari (già cooptato in cda) Gianvito Giannelli al quale si è affiancata la nomina di Vincenzo De Bustis, già consigliere delegato, come amministratore delegato. Il passo indietro è arrivato dopo l’assemblea degli azionisti che, la scorsa domenica ha approvato i conti e votato il ricambio di
alcuni consiglieri ma non il presidente, il cui mandato scadeva a fine anno. Jacobini che guidava dal 1989 la banca fondata dal padre al principio degli anni ’60, ha voluto così incassare prima la fiducia dei soci e poi farsi da parte per non costituire un ostacolo alla ristrutturazione dell’istituto di credito. Una mossa auspicata dalla Banca d’Italia che a Bari ha avviato un’ispezione nelle scorse settimane e posta come condizione per l’operazione di capital relief con un fondo straniero, già definita, necessaria per riportare il capitale in sicurezza. Jacobini lascia così una banca che è divenuta il primo istituto del Mezzogiorno dopo una crescita interna e per linee esterne. Ma fu proprio un’acquisizione, quella di Tercas, che l’ha fatta balzare agli onori delle cronache europee e che ne ha segnato l’inizio del declino. Per l’istituto abruzzese la Bari ricevette il sostegno finanziario del Fitd sotto la spinta della Banca d’Italia, aiuto che però dovette restituire e poi ricevere di nuovo, con una partita di giro, dallo schema volontario del fondo a causa dell’intervento dell’Antitrust Ue. Una decisione ribaltata poi dal Tribunale Ue qualche mese fa (il quale ha dato ragione all’operato dell’Italia) ma il ‘boccone’ Tercas si è rivelato comunque molto difficile da digerire viste lo stato in
cui versava. E malgrado poi la Popolare avesse avviato, prima in Italia, la cartolarizzazione degli Npl con la garanzia Gacs, non è riuscita a fare piena pulizia, approfittare della pur modesta ripresa economica e aumentare i risultati. Anche la scelta di z’congelare’ la trasformazione in spa, dopo la sospensiva della riforma decisa dal Consiglio di Stato, si è rivelata a posteriori non felice. Un lasso di tempo che è stato fatale alla
banca e ai piani di ristrutturazione e aggregazione, in un contesto sempre più difficile per il comparto. Il ritorno di De Bustis alla guida operativa dell’istituto a fine 2018 ha comportato così una pulizia mano a mano più incisiva del bilancio. E mentre cresceva il malcontento dei soci per il forte calo del valore delle azioni (quotate su un mercato non molto liquido) saliva la pressione delle autorità di vigilanza e del mercato per un cambio di governance. Ora il cambio apre nuovi scenari: la norma varata dal governo
nel dl crescita consente facilitazioni fiscali per un’aggregazione con altri istituti del Sud (candidate sono la Popolare Puglia e Basilicata e la Popolare Pugliese), risanare
ancor più il bilancio e, solo a quel punto, proporsi per una fusione con altre popolari del Centro o del Nord. Un percorso
che si snoderà nei prossimi mesi.