Questo pomeriggio nell’aula consiliare di Palazzo di Città è stato proclamato il sindaco di Bari Antonio Decaro.
Di seguito l’intervento in aula: “Grazie a tutti voi qui presenti, grazie ai tantissimi baresi che oggi mi fanno rivivere l’emozione di essere di nuovo sindaco: il 50mo sindaco della Città di Bari! E’ per me una grande emozione e una grande responsabilità. Leggendo il mio nome accanto a quello di sindaci illustri che hanno guidato questa comunità, dall’Unità di Italia ad oggi (penso ai primi sindaci: a Giuseppe Capruzzi, Paolo Lembo, Giuseppe Re David, Giandomenico Petroni), mi sono chiesto “Cosa ho fatto per meritarmi Bari?”, “Cosa ho fatto per meritare l’affetto e la fiducia dei nostri concittadini?”, “Cosa ho fatto per poter indossare ancora una volta questa fascia tricolore?”.
Questa fascia, che rappresenta il simbolo delle gioie e delle fatiche di essere sindaco, è anche il simbolo dell’Unità del Paese, da nord a sud, piccole e grandi comunità, da Roma, la capitale con milioni di abitanti, al Comune di Moncenisio, il Comune più piccolo, con soli 29 cittadini.
Permettetemi di ricordare anche le gioie e le fatiche della mia famiglia, che oggi non è potuta essere qui, ma che in questi cinque anni ha condiviso con me l’impegno quotidiano. Anche loro sono cresciute insieme a tutti noi.
Ho citato spesso in questi anni la suggestione che regalò Papa Francesco a noi sindaci a proposito del nostro lavoro, definendolo una condizione spirituale, e lo farò anche oggi perché è proprio vero, lo confesso: in questi cinque anni sono state tante le giornate in cui ho portato a casa la sera, insieme alla soddisfazione per quello che ero riuscito a fare, anche il peso della stanchezza e la preoccupazione per tutte le risposte che non ero riuscito a dare o per i problemi che ero riuscito a risolvere.
Ricordo questo, proprio in quest’aula, che porta il nome di Enrico Dalfino, un sindaco che ha insegnato a questa città il significato della parola umanità e cosa significhi essere un rappresentante delle istituzioni con la schiena dritta.
A sindaci come Enrico Dalfino o come Emanuele Crestini, il sindaco di Rocca di Papa, morto questa mattina a seguito dell’esplosione della palazzina in cui era entrato per salvare alcuni suoi concittadini, dedico questa giornata e il mio impegno nelle istituzioni. Al sindaco Crestini vanno l’applauso e il saluto della città di Bari, a lui che è uno degli eroi quotidiani del nostro Paese.
In questi cinque anni, tante volte sono stato in quest’aula. Qui dentro ci siamo arrabbiati, abbiamo litigato, abbiamo approvato provvedimenti importanti, in quest’aula abbiamo avuto l’onore di rappresentare i nostri concittadini. Anche stamattina, qui, si è tenuto il Consiglio comunale.
Sono entrato tante volte in quest’aula ma non vi nascondo che oggi provo un’emozione particolare. Questa volta è diverso, perché in questa fascia oggi non c’è una scommessa ma una speranza. In questa fascia oggi ci sono tutte le voci dei baresi che hanno lavorato insieme a noi in questi anni, che hanno cambiato le proprie abitudini, che hanno gioito dei risultati ottenuti, che si sono presi per mano il 6 dicembre sotto il grande albero di Natale. In questa fascia ci sono tutti quei baresi che con le loro critiche mi hanno costretto a cambiare idea e a migliorare, ci sono tutti quei baresi che sono stati sanzionati e che hanno pagato la multa, senza protestare, perché hanno capito di aver fatto torto alla città.
Consegnandomi l’onore di indossare questa fascia, per la seconda volta, i baresi mi hanno detto: “Antonio, vai avanti”. Io, oggi, dico loro: “Io da solo non posso andare da nessuna parte, andiamo avanti insieme”.
Io prometto di non voltare mai le spalle alla mia città e ai baresi che ho incontrato per strada in questi anni, perché mi hanno insegnato a guardare sempre avanti, perché mi hanno insegnato che, quando tutti dicono che è impossibile cambiare, noi ce l’abbiamo fatta. Perché i baresi, con la loro straordinaria tenacia mercantile, mi hanno insegnato cosa voglia dire poter contare su di loro.
Cerchiamo, come abbiamo sempre fatto, di essere sinceri l’uno con gli altri, anche quando sbaglieremo, anche quando non riusciremo a rispettare gli impegni. Teniamo insieme la schiena dritta e continuiamo a guardare negli occhi chi non ama questa città, chi la violenta, la deruba, chi ne uccide il futuro, non insegnando ai nostri bambini la differenza tra il bene e il male.
Qualcuno, dopo il risultato (per cui ancora ringrazio tutti) ha detto: “beh, adesso nei prossimi cinque anni puoi fare quello che vuoi”.
Ecco, io trovo questo modo di vedere la politica e le istituzioni profondamente sbagliato. Non esiste risultato elettorale, nemmeno un plebiscito, che permetta ai rappresentanti delle istituzioni di fare “quello che vogliono”.
Ogni volta che mi siedo alla mia scrivania, ogni volta che entro in questa stanza, ogni volta che firmo una delibera, ogni volta che indosso questa fascia, non esiste più “quello che voglio”. Non esistono più i desideri del cittadino Antonio Decaro. Esiste solo il sindaco della città di Bari che deve adempiere alla sua funzione pubblica con disciplina ed onore.
Sono il sindaco di chi mi ha votato, dunque, ma ancora di più, sempre di più, sono il sindaco di chi non mi ha votato, di chi mi critica, di chi mi contesta. Il sindaco di chi non ce la fa, di chi è rimasto indietro, di chi è deluso, di chi è emarginato, di chi è discriminato per le sue condizioni economiche, sociali, culturali.
Sono il sindaco di chi è fuori da quest’aula, e non applaude alla mia rielezione, ma spera ugualmente che io faccia di più e faccia meglio di prima, che io riesca a migliorare la sua vita e quella dei suoi cari.
Altro che fare quello che voglio. La responsabilità, la disciplina e l’onore mi impongono di fare quello che vogliono loro, i cittadini più deboli della mia città.
È a loro che dedico questo risultato. È a loro che voglio dedicare il lavoro dei prossimi cinque anni.
Buon lavoro a tutti noi!”