Potrebbe essere morto a seguito delle percosse subite dalla madre, la romena 17enne schiavizzata e costretta a prostituirsi, insieme ad altre minorenni, il bambino che la ragazza portava in grembo, partorito senza vita al settimo mese di gravidanza. E la ragazza, presa a calci sulla pancia, era probabilmente incinta di uno dei suoi aguzzini. Sono i particolari che emergono dall’indagine della Dda di Bari e della Procura minorile che ha portato oggi al fermo di sei persone, tutti romeni residenti in un campo rom di Foggia. Dagli atti dell’inchiesta emerge che quando la minorenne, una delle tre vittime accertate, è riuscita a fuggire a seguito dell’ennesimo pestaggio con violenti calci anche sulla pancia, alle 3 del mattino dello scorso 3 settembre, dopo quasi 6 mesi di segregazione e violenze, si sarebbe fatta accompagnare in ospedale da una famiglia di italiani, che vivono in una roulotte vicino al campo di nomadi, alla quale è riuscita a chiedere aiuto. Inizialmente è stata dimessa dall’ospedale ma poi, quattro giorni dopo, a causa di forti dolori al ventre, è tornata in ospedale dove le hanno diagnosticato la morte del feto, avvenuta almeno 3 giorni prima. La stessa ragazza ha raccontato, sentita nell’ambito di un incidente probatorio, che dopo l’ultima aggressione sentiva il bambino muoversi diversamente e poi non muoversi affatto. Per questo la Procura ipotizza un “verosimile procurato aborto”, ma su questo aspetto sono in corso ulteriori accertamenti ed è stata disposta l’autopsia sul corpo del bambino.