Cronaca

SEQUESTRATI BENI PER 10 MILIONI ALL’AVV. CHIARIELLO (CASO DE BENEDICTIS)

Sequestro di beni immobili e disponibilità finanziarie del valore complessivo di oltre 10,8 milioni di euro sono stati eseguiti dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Bari nei confronti dell’avvocato penalista barese Giancarlo Chiariello, che è ai domiciliari (circa un anno fa l’arresto), coinvolto nell’inchiesta per corruzione in atti giudiziari in concorso con l’ex giudice delle indagini preliminari del tribunale del capoluogo Giuseppe De Benedictis.

Il provvedimento di sequestro è stato disposto dal giudice delle indagini preliminari del tribunale su richiesta della Procura della Repubblica di Bari diretta dal procuratore Roberto Rossi. Lo scorso 22 febbraio al termine della requisitoria del processo con rito abbreviato a carico dei due e di altre sette persone la Procura della Repubblica di Lecce ha chiesto per De Benedictis una pena a 8 anni, 9 mesi e 10 giorni di reclusione e per l’avvocato barese una pena a 8 anni, 5 mesi e 23 giorni.

E’ prevista per il 29 marzo la sentenza. Tra i beni sotto sequestro immobili nel capoluogo e disponibilità finanziarie cospicue. Nel provvedimento è stata riconosciuta l’esistenza di un concreto quadro indiziario, cui toccherà alla difesa contrastare, circa l’ipotesi di reato di dichiarazione infedele dell’Iva e delle imposte sui redditi dovute all’Erario.

Va ricordato che nel corso dell’interrogatorio di garanzia l’indagato ha riconosciuto come proprie tali somme di denaro, indicandole come i risparmi di vent’anni derivanti dai pagamenti dei clienti per l’attività professionale prestata.

Chiariello secondo l’accusa avrebbe intascato compensi per attività legale fino a 100mila euro per ogni cliente, dichiarando redditi annui tra i 26mila e i 60mila euro. I suoi ex clienti poi diventati collaboratori di giustizia hanno rivelato che al penalista pagavano 10 mila euro di onorario per ciascun procedimento, che potevano raggiungere i 100 mila euro per il patrocinio in Cassazione a fronte di un’accusa per omicidio. “Pagamenti effettuati tutti in contanti – sostengono i finanzieri – , in violazione della normativa antiriciclaggio e senza il rilascio di alcun documento fiscale”.

Gli inquirenti hanno documentato redditi dichiarati tra il 2016 e il 2019 tra i 26mila e i 60mila euro annui, a fronte di una “effettiva capacità di spesa del nucleo familiare dell’indagato, risultata particolarmente elevata, come dimostrato dall’acquisto e dal possesso di auto di lusso, di gioielli e di consistenti disponibilità finanziarie derivanti da titoli di credito, obbligazioni, depositi e conti correnti”.

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